Intervista al presidente diocesano Stefano Zoccarato in occasione dell’assemblea elettiva del 16 febbraio. Ecco le sfide per il prossimo triennio.
Domenica 16 febbraio oltre 400 delegati dell’Azione cattolica diocesana saranno riuniti nel seminario di Treviso per l’assemblea elettiva. Un appuntamento che l’Ac vive ogni tre anni, per rinnovare le proprie cariche ed eleggere il Consiglio diocesano. Al presidente diocesano, avv. Stefano Zoccarato, abbiamo rivolto alcune domande.
Che bilancio trarre di questo triennio?
Non spetta a me dare giudizi sull’attività della presidenza diocesana. Credo però che si debba riconoscere che l’Associazione ha mantenuto una significativa presenza e vitalità nel territorio e ha lavorato a fondo per cercare di qualificare sempre di più la proposta formativa. E’ stato un lavoro intenso, che certo darà i suoi frutti, e che ha impegnato soprattutto i responsabili.
Come vivono i responsabili associativi parrocchiali il loro impegno in Ac?
In questi anni la presidenza diocesana ha avuto l’occasione di incontrare tanti responsabili e tante associazioni parrocchiali. Durante questi incontri abbiamo avuto modo di conoscere persone di notevole spessore umano e spirituale: laici consapevoli del proprio ruolo ecclesiale e della necessità, in questi tempi difficili, di escogitare forme nuove per mettersi al servizio delle esigenze formative che emergono nelle nostre comunità. Persone a cui dobbiamo essere grati, perché mettono a disposizione il loro tempo e il loro impegno in totale gratuità. Mi sembra di poter dire che uno dei tratti che caratterizza oggi l’esperienza dei responsabili associativi è una certa “inquietudine” che nasce dal desiderio di rispondere in modo nuovo alle esigenze delle persone sotto il profilo formativo.
Come si risponde a questa “inquietudine”?
Nella maggioranza dei casi si tratta di un’inquietudine sana. Di fronte alle difficoltà del nostro tempo – ricordiamoci che siamo nel bel mezzo di una crisi che non ha precedenti dal dopoguerra, una crisi che non è solo economica, ma è diventata anche culturale perché sta erodendo la fiducia delle persone verso il futuro – i laici di Ac si interrogano su come sia possibile essere testimoni di Gesù oggi, in questo contesto. Poiché la situazione concreta in cui le persone vivono è cambiata, deve cambiare anche il modo dell’Ac di essere a servizio delle comunità. Essere “inquieti” – avere cioè la percezione della sproporzione tra le questioni aperte e la nostra capacità di risposta – è un atteggiamento sano quando ci aiuta a non sederci, a non fermarci alle routine. Può diventare un problema quando si trasforma in sconforto e delusione, o in nostalgia per un passato che a volte mitizziamo a causa della diffusa illusione per cui negli anni scorsi “andava tutto meglio”. Non è così, ovviamente. Oggi l’Ac è di fronte a questo tempo, e a questo tempo deve rispondere con intelligenza e creatività. Abbiamo le risorse per farlo.
Quali sono allora le sfide?
Ne indicherei due. La prima riguarda la proposta formativa. Il Vescovo ci ha indicato un cammino di ampio respiro, che ha come obiettivo quello di far crescere una fede adulta in cristiani adulti. Questo è un cammino per tutti, naturalmente, perché tutti, giovani e adulti, sono chiamati a crescere nella fede. La domanda che ci dobbiamo porre è questa: qual è oggi il profilo di un cristiano adulto nella fede? In che modo la complessità di questo tempo mette in questione la nostra capacità di vivere con radicalità il Vangelo? Noi in questo triennio abbiamo cercato di far crescere la consapevolezza che il profilo del cristiano adulto si misura in base alla statura spirituale di ciascuno. E’ la capacità di avere una vita spirituale effettiva e solida – e per vita spirituale intendiamo la capacità di conformare la propria esistenza concreta alla vita di Gesù – che ci dà la forza per rispondere da credenti alle sfide del tempo. La prima sfida dell’Ac è quindi quella di qualificare la propria proposta adeguandola alle esigenze dell’uomo di oggi, ricordando che è solo facendo crescere uomini e donne dalla profonda vita spirituale che questo tempo potrà essere rinnovato.
E la seconda sfida?
Attiene più alla struttura associativa, che oggi è messa in questione dall’istituzione delle Collaborazioni pastorali. Dobbiamo riconoscere che l’approccio a questa novità nella vita della nostra Chiesa si sta tingendo qua e là di preoccupazione. Rispetto a questo l’Ac deve reagire in modo positivo, comprendendo che l’associazione può veramente essere un’opportunità per mantenere forte l’identità dei laici rispetto alla propria comunità cristiana, e nello stesso tempo per aprire l’esperienza delle parrocchie alla collaborazione. Intravvedo due pericoli nelle Collaborazioni pastorali. Da una parte quello di diventare un po’ “burocratiche”: e a questo si reagisce solo mantenendo vive le relazioni “corte” dentro le comunità cristiane, ricordando che le collaborazioni non sono in alternativa alla parrocchia, che anzi dovrebbero rivitalizzare. L’altro rischio è quello di ripiegarsi un po’ su se stesse, dimenticando che la relazione con la dimensione diocesana è essenziale per non morire di asfissia. Credo che l’Ac possa aiutare le Collaborazioni a crescere lontano da questi rischi, a patto però che sia in grado di mantenere il proprio radicamento nelle comunità parrocchiali e la propria capacità di guardare lontano, come da sempre siamo stati allenati a fare.
Sul sito internet www.actreviso.it puoi scaricare la bozza del documento programmatico e le liste dei candidati al Consiglio diocesano.